L’11 luglio, la Commissione Europea ha adottato formalmente la sua nuova strategia sul Web4 e sui mondi virtuali, con lo scopo di assicurare “un ambiente digitale aperto, sicuro, affidabile, equo e inclusivo” per i cittadini dell’Unione Europea. La strategia si basa su quattro pilastri principali, che ruotano attorno alla valorizzazione delle persone, al sostegno delle aziende, all’ulteriore sviluppo dei servizi pubblici e alla definizione di standard globali per il “Web 4.0”, un termine appena coniato che cerca di anticipare la prossima ondata tecnologica.
Sebbene sia lodevole che la Commissione Europea stia strategicamente pensando di far sì che l’UE diventi leader del Web 4.0 e dei mondi virtuali, non ci dovremmo dimenticare che – nonostante tutto l’hype per il Web3 e i trend che l’hanno accompagnato – i principali istituti di credito e finanziari hanno finora riposto la loro fiducia solo e principalmente in Bitcoin (BTC) e, in misura minore, Ethereum.
In effetti, è difficile sostenere che il Web3 abbia avuto alcun tipo d’impatto… a parte un momentaneo incremento d’interesse in Lamborghini e Rolex. Prima verrà dimenticato questo termine, prima potremo tornare a concentrarci su ciò che conta davvero.
La posizione dell’Unione Europea nei confronti di Bitcoin ha per certi versi “rovinato” la sua reputazione di comunità visionaria e all’avanguardia: sarebbe dunque una buona mossa rettificare le posizioni precedentemente assunte su questioni come il mining Proof-of-Work. Un cambiamento del paradigma monetario è molto complesso: se l’UE vuole prendere in mano le redini del cambiamento digitale, è bene che lo faccia portando avanti il progetto sull’euro digitale ma anche sostenendo l’altro lato della medaglia, coprendo così la sua posizione in modo da minimizzare i rischi e massimizzare le possibili opportunità.
La Banca Centrale Europea dovrebbe pertanto, come si suol dire, tirare fuori la testa da sotto la sabbia, limitando gli articoli anti-Bitcoin del famoso Fabio Panetta e adottando una posizione monetaria e tecnologica neutrale.
Per quanto riguarda il fulcro della strategia proposta per il Web4 – il cosiddetto digital twinning – è evidente che l’UE si trovi ad affrontare una forte concorrenza da parte di giganti come gli Stati Uniti e la Cina in settori dominanti dal punto di vista digitale come, ad esempio, l’intelligenza artificiale. Se da una parte si può dibattere sulla posizione avvantaggiata dell’UE in aree come la produzione e l’esportazione mondiale di beni, dall’altra c’è un vasto divario in ambito tech, come il settore delle criptovalute e del cloud computing.
L’UE, per assumere il ruolo di leader nell’intersezione tra mondo fisico e digitale, dovrà intensificare gli sforzi per favorire la diffusione di settori digitali di nicchia come le criptovalute, che rappresentano ottime opportunità dato l’attuale fase di stallo del mercato. Sebbene la maggior parte delle innovazioni – come la finanza decentralizzata (DeFi) e le organizzazioni autonome decentralizzate (DAO) – siano considerate tendenze passeggere di recente uscite dalle luci della ribalta, è chiaro che siamo ancora agli albori in questi temi: posizionarsi in modo ottimale, mentre l’attenzione generale è rivolta altrove, darà molto probabilmente buoni frutti tra qualche anno.
Leggi anche: La domanda spingerà il prezzo di Bitcoin a 130.000$
In particolare, per quanto riguarda la DeFi, il continente europeo si è silenziosamente affermato come leader, con Paesi come l’Italia e la Francia che hanno dato vita ad alcuni dei progetti più importanti del settore. In questo senso, non si può ignorare la posizione di vantaggio acquisita sul mercato mondiale: con un total value locked (TVL) ancora ben sopra la soglia dei 45 miliardi di dollari, è evidente che la DeFi abbia incassato il colpo del mercato ribassista e non sia affatto andata al tappeto. È anche probabile che la prossima inversione di tendenza del mercato la riporti in auge.
Con innovazioni come l’ERC-4626, pronte a sbloccare una serie di nuove ed entusiasmanti prospettive nel settore, è lecito affermare che non abbiamo ancora visto i veri punti di forza e il potenziale della DeFi: se l’UE riuscirà a prendere il timone e a guidare l’innovazione in futuro, consoliderà il suo posto nell’inevitabile rivoluzione finanziaria che bolle in pentola da qualche anno.
Negli ultimi dieci anni, le criptovalute sono state reinventate e rimodellate senza successo. La promessa di una nuova forma di denaro rimane ancora il presupposto più forte, ma per gli asset digitali è necessario un ambiente digital-friendly per svilupparsi al meglio. Le lezioni apprese dai ripetuti flop di alcuni security token dovrebbero essere ancora abbastanza fresche da accentuare il fatto che non siamo ancora pronti per un’intersezione senza un ponte di continuità tra ciò che è digitale e ciò che è fisico: per far sì che i due soggetti abbiano contemporaneamente successo, deve esserci un livello di efficienza comparabile, se non identico.
Questo è un aspetto che manca ancora molto nell’UE quando si tratta di asset digitali e criptovalute, ed è per questo motivo che tali tematiche dovrebbero rimanere al centro dell’attenzione nel breve termine.
Jonathan Galea è il CEO e fondatore di BCAS, una società europea di consulenza in materia di regolamentazione crypto. Ha prestato consulenza a numerosi enti normativi in diverse giurisdizioni su questioni relative alle criptovalute, compresa la strutturazione di nuovi quadri giuridici. Ha conseguito un dottorato in legge presso l’Università di Malta.
Matteo Vena è il chief strategy officer di BCAS, società di consulenza normativa incentrata sulle criptovalute con sede in Europa. La sua area di specializzazione è la strategia di business e marketing nel settore del Bitcoin e degli asset digitali. In precedenza ha lavorato come managing director di Cointelegraph Italia, nonché come head of content per la Blockchain Week Rome.
Traduzione a cura di Giorgio Libutti