Il 3 gennaio del 2009 veniva minato il primo blocco della blockchain di Bitcoin. Ed è questa la data che viene convenzionalmente utilizzata per celebrare il compleanno di quella che era ed è rimasta dopo tutto questo tempo la prima criptovaluta al mondo. Per cui possiamo dire che Bitcoin oggi festeggia il suo 15esimo compleanno. L’altra data significativa è il 31 ottobre 2008, quando l’ideatore Satoshi Nakamoto (ancora oggi sconosciuto a tal punto che in molti ipotizzano che possa essere anche un gruppo di persone, certamente tra gli esperti crittografi dell’ambiente cypherpunk degli anni ’70) pubblicava il white paper “Bitcoin: a peer- to-peer electronic cash system”. Un documento di poche pagine in cui annunciava al mondo il funzionamento del protocollo Bitcoin.
Il blocco numero 0
Il primo blocco della blockchain di Bitcoin, noto come blocco genesi o blocco numero 0, è stato quindi minato il 3 gennaio 2009. Questo blocco conteneva un messaggio nascosto che diceva: “The Times 03/Jan/2009 Chancellor on brink of second bailout for banks”, un riferimento alla prima pagina del quotidiano finanziario britannico. Molti vedono questo messaggio come un commento sulla instabilità del sistema bancario tradizionale. Bitcoin viene lanciato quindi in un momento storico non casuale (la crisi del sistema bancario globale post Lehman Brothers) con l’idea di offrire a chiunque una unità di valore neutra, decentralizzata, potenzialmente non sottoposta alla svalutazione che nel tempo tendono a subire le valute tradizionali che a partire dal 1971 (quando il presidente degli Usa Nixon mise fine alla convertibilità del dollaro in oro rompendo gli accordi di Bretton Woods del 1944) sono definite fiat, cioè fiduciarie. Derivano il loro valore dalla fiducia riposta nei confronti degli organismi emittenti. In questo senso Bitcoin nasce come alternativa, una possibilità in più tecnologicamente offerta a chi voglia sganciare il concetto di moneta da quello di fiducia. Per questo viene anche definito sistema “trust-less”.
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Quell’idea, che a tratti sconfina nell’ideologia, da allora di strada ne ha fatta. In termini di prezzo: Bitcon è partito da pochi centesimi mentre oggi vale circa 45mila dollari (con un picco a novembre2021 a 69mila dollari). Seppur con violente escursioni al ribasso difficili da gestire a livello emozionale da un investitore tradizionale. Ma la strada più grande l’ha percorsa il network. Perché Bitcoin, prima ancora di essere un asset finanziario, è una rete decentralizzata che consente a chiunque di scambiarsi l’unità di conto nativa: il satoshi. Un Bitcoin corrisponde a 100 milioni di satoshi. O per renderla in termini matematici un satoshi equivale a 0,00000001 Bitcoin.
15 milardi al giorno
Nel 2023 nel netowrk Bitcoin è stato scambiato un ammontare di satoshi equivalente a 15 miliardi di dollari al giorno. Inoltre, la competizione tra i miners, coloro i quali autorizzano le transazioni risolvendo complessi calcoli matematici e per questo ricevono come premio nuovi Bitcoin come previsto nel white paper, è in costante aumento. Questa si misura in termini di hash rate: ha toccato il 31 dicembre 2023 un massimo storico di 630 Exahash al secondo. “Exahash al secondo” è un’unità di misura che indica il numero di tentativi di hash (calcoli) che possono essere eseguiti in un secondo. “Exa-” è un prefisso del sistema internazionale che indica un fattore di 10^18, o un miliardo di miliardi.
Dietro questi numeri si nasconde il concetto di “proof of work” (prova di lavoro o fatica) alla base del funzionamento del newtork. I miners, per autorizzare le transazioni, devono eseguire calcoli matematici sempre più complessi (se aumenta tra loro la competizione) e quindi devono fare “più fatica”. Questa fatica richiede di conseguenza un crescente dispendio energetico. Ecco perché alcuni definiscono Bitcoin come una “moneta energetica”, un processo matematico che trasforma l’energia utilizzata per far funzionare il network per generare valore. Se l’energia utilizzata per minare Bitcoin proviene da fonti rinnovabili l’impatto ambientale del network diventa zero. In questo momento non è così, ma la strada tracciata dai miners (che per efficientare i loro costi aziendali sono “costretti” a passare da energia da fonti fossili, come il carbone o il gas naturale, a rinnovabile) è nella direzione “green”. Tanto che ad oggi è stimato che oltre la metà dei Bitcoin minati provenga da fonti di energia rinnovabile.